La bella verità
Pubblicato su Sportivissimo, dicembre 2017Come s’impara a sciare? C’è un verso di Dante che lo spiega e spiegandocelo ci dice come s’impara a giocare a calcio, ad andare forte in bici, a nuotare, ma anche come s’impara la matematica o un qualsiasi altro sapere; come s’impara a fare il giornalista o un qualsiasi altro mestiere. Prima di citare il verso, occorre fare una premessa, attraverso la quale quel verso, che nella lettura della Divina Commedia ha un suo significato preciso e diverso da quello che noi ora gli stiamo per attribuire, possa rispondere alla nostra domanda: “come s’impara a sciare? Ovvero come s’impara a imparare?”
Dante considerava il numero 3 il numero perfetto, perché richiamava la Trinità Cristiana. Sul numero 3 egli centrò tutta la struttura e la simbologia della sua opera. La Divina Commedia si compone di 100 canti suddivisi in 3 cantiche: Inferno, Purgatorio, Paradiso, con un proemio iniziale e poi 33 canti per ciascuna delle 3 parti. Ogni canto è scritto in terzine. Dante ha 3 guide: Virgilio, Beatrice, San Bernardo. Dante vede Beatrice per la prima volta quando lei aveva 9 anni, ovvero 3 volte 3; si conoscono quando lui ne aveva 18, che è sempre un multiplo di 3. Il tre è il numero più importante della Divina Commedia per queste e per tante altre ragioni.
Ebbene nei 14.233 versi del Poema, ce ne è uno solo che è il terzo verso del terzo canto della terza cantica. Nella poesia dantesca non può essere un verso qualsiasi. Infatti nel verso precedente Dante scrive la locuzione “bella verità” proprio per metterci in guardia, per dirci: attenzione, lettore, alla fine del mio poema (canto 33 della terza cantica) conoscerai la Verità della Trinità, che è Dio, qui, però, ti sto per rivelare la Bella Verità che appartiene agli uomini.
Nel terzo verso, del terzo canto, della terza cantica leggiamo: “provando e riprovando”. Eccola, la “bella verità”, l’essenza dell’uomo, come la Trinità è l’essenza della Divinità; eccola, la formula di come si realizza il miglioramento degli uomini. Che non nascono colti, capaci e forti, ma predisposti alla conoscenza, alla competenza, alla forza nel loro essere, per natura, “esseri allenanti”. La “bella verità” dantesca ci dice che l’uomo, attraverso l’esercizio ripetuto, “provando e riprovando”, diventa colto, diventa capace nel lavoro, diventa forte nello sport.
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