Differenze sportive

Pubblicato su Sciare Magazine, novembre 2017

Come tutti i cittadini hanno pari dignità e sono uguali davanti alla legge, articolo 3 della nostra Costituzione, anche gli sportivi sono da ritenersi tali tra loro. Sono tutti uguali senza distinzione di sesso, nessuna diversità tra sportivo uomo e donna, di razza, tra un maratoneta keniota e uno sciatore nordico, di lingua, di religione, di opinione politica, di condizioni personali e sociali… di portafoglio. Il principio di uguaglianza è un valore supremo, che impone a tutti gli sportivi di osservare le leggi dello sport. Neymar, che prende 56 euro al minuto, anche quando è in bagno, ovvero 80 mila euro al giorno per un totale di 30 milioni all’anno, e Kaprikas della Sampdoria, che ne prende 18 mila annui, devono rispettare allo stesso modo le leggi del campo: “rigore è, quando arbitro fischia”, diceva il mitico Boskov, indipendentemente dai soldi che si hanno.
Formalmente è così. Ed è giusto che sia così, ma questo non ci deve far pensare che non esistano le differenze di valore tra uomo e uomo. Un ultras e un premio Nobel sono uguali e hanno pari dignità di fronte alla legge, ma sono assai diversi nel loro essere esemplari della razza umana e delle sue facoltà di pensiero.
Allora anche tra sportivi ci sono differenze. Sul piano delle qualità tecniche tra Neymar e Kaprikas, tra Hirscher e Barandun, che ha chiuso all’ultimo posto nella classifica di Coppa del Mondo dello scorso anno, le differenze sono tante ed evidenti. E non bisogna avere paura di riconoscerle, temendo di offendere qualcuno.
Ci sono differenze anche tra sport e sport. Ne trovo una profonda tra discipline indoor e outdoor.
Chi pratica la propria disciplina in palestra o in un campo di calcio o di tennis o in uno stadio d’atletica o anche in una piscina, quando non ce la fa più, può, in qualunque momento, smettere e infilarsi sotto la doccia dello spogliatoio. Chi, invece, fa uno sport all’aria aperta, deve sempre gestire le sue energie, deve sapere che dalla montagna bisogna pur scendere, prima di sdraiarsi a letto spossati.
Questa differenza determina che lo sportivo, che pratica la propria disciplina in un contesto naturale, come per esempio lo sci, debba maturare una conoscenza dei propri limiti nella tenuta fisica superiore di chi, quando è stanco e non ce la fa più a correre, può sempre chiedere di essere sostituito e andare a sedersi in panchina. Gli sport outdoor insegnano a gestire le risorse, a tener duro, pensando che non si può dire semplicemente “basta” e arrendersi lì, dovunque ci si trovi, e questo è un grande magistero per la vita, che non prevede “uscite dal campo” nemmeno quando si è distrutti.
Un’altra differenza sostanziale è tra gli sport di squadra e gli sport individuali. I primi sono portatori di un insegnamento straordinario, principio del nostro vivere civile: il risultato non è mai espressione di un solo talento, ma delle capacità corali di un’intera squadra. Le grandi conquiste di civiltà dell’uomo si sono sempre maturate nel coinvolgimento di tanti ingegni. E quegli sport che educano a pensare e ad agire in termini di squadra insegnano proprio questo. Lo sci purtroppo è uno sport individuale, ma per fortuna il suo contesto è sempre corale, per cui anche quando si vince sugli sci, non bisogna mai dimenticare i meriti di chi ci ha portato alla vittoria.

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