10 anni di Sportivissimo; 60 anni de “Il nostro Campanile”
Pubblicato su Sportivissimo, dicembre 2016Sportivissimo compie 10 anni. Per l’occasione avevamo un’idea. Celebrarlo, facendo nascere un suo supplemento di solo cultura. Senza foto o al più in bianco e nero, non patinato ma con una carta color “del cielo” come quella che, nel Cinquecento, il grande Aldo Manuzio usava per le sue edizioni speciali. Ci piaceva l’idea che un giornale di solo sport generasse un giornale di solo cultura. La più trasversale delle pratiche, lo sport, con la più verticale delle discipline, la cultura, per dire, come diciamo da tempo, che lo sport è la filosofia del presente e che il vero sapere, se non ha la tonicità del muscolo atletico, è noiosa erudizione.
Le uscite previste sarebbero state inizialmente due, in coincidenza con gli equinozi, poi se ne sarebbero potute aggiungere altre due, ai solstizi. La testata si sarebbe chiamata “Marana York”, come a dire: “qui, Marana” nascono parole che arrivano “ovunque, York”. Ci piaceva l’idea di pensieri che scendessero, come il vento, dalla montagna. I pezzi per il primo numero erano già pronti… ma ci siamo fermati!
Abbiamo a cuore la sorte di quello che, per storia, per chi l’ha fondato, per chi l’ha diretto da decenni, per gli autori che vi hanno scritto, è da sempre “il nostro giornale culturale”, ovvero “Il nostro Campanile”, che quest’anno ha compiuto 60 anni ed è uscito una sola volta. E ha potuto farlo perché gli articoli che avrebbero dovuto albergare nella prima edizione di “Marana York” sono andati a realizzare l’unica uscita del “Campanile” nel suo sessantesimo dalla fondazione. Un atto di riconoscenza. Di gratitudine. Di affetto. Non c’è valdagnese che non conservi almeno un articolo pubblicato su “Il nostro Campanile” in questi 6 decenni. Ottone Menato lo fondò nel 1956 perché raccontasse la “valdagnosità”. Fu geniale fin dalla scelta del nome della testata, degna del miglior sublime understatement inglese. A prima lettura il nome del giornale appare banale e modesto: “il nostro campanile” è il più scontato dei simboli di paese, tanto che a eccederne nel sentimento, si cade nel “campanilismo” che è sinonimo di “provincialismo”, ma, a lettura approfondita, è assolutamente acuto e superbo, se si considera che il campanile di Valdagno è stato realizzato da quel mastro Righetto che fu tra gli artefici del ponte di Rialto, il più bello di Venezia, città dove i ponti sono importanti, primo tra tutti, quello che la unisce alla terra ferma, progettato dal valdagnese ingegner Milani. “Il nostro Campanile”, banale per gli incolti, è geniale per chi sa collegare Valdagno con la capitale del mondo, la bellezza di questa e il genio unlimited della nostra gente.
E allora quale restyling! È straordinariamente bello così, “Il nostro Campanile”: autenticamente vintage. È straordinariamente raffinato così: apparentemente modesto e provinciale, intimamente coltissimo e cosmopolita. Chi non lo sa apprezzare, è un barbaro, senza cultura, né gusto.
Durante la presentazione del libro di Lea Quaretti, l’ottimo vice sindaco ha posto una domanda: “Valdagno è in crisi?” Ripeto la risposta che diedi: “se chiude un giornale, poi chiuderanno negozi e fabbriche; faremo di tutto per evitarlo”. Così è stato. Auguri, “Nostro Campanile”, Sportivissimo, festeggiandosi, ti festeggia.
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