Proclama di un Patriota
Pubblicato su Sportivissimo, ottobre 2012
Nello sport gli italiani sono da sempre chiamati gli “Azzurri”. È una vecchia storia. Azzurro fu lo stendardo che Amedeo VI di Savoia fece issare sulle sue navi che salpavano alla volta della crociata. Era il 1365. L’azzurro era un omaggio alla Vergine, ma ricordava anche i mari, le vette e i cieli d’Italia, ovvero era il colore che più evocava la terra dei padri. L’azzurro, possiamo dire, è il colore della nostra Patria. Non solo, l’azzurro è il colore che richiama anche la dolcezza della nostra lingua, la lingua del sì, del dolce stile come l’ha chiamata Dante. È bello, e giusto, che gli sportivi siano gli Azzurri che è il colore della terra dei padri e della nostra madre lingua. C’è del senso e anche della poesia in tutto ciò. I campioni Azzurri sono i migliori tra chi fa sport; l’azzurro è il meglio che l’Italia sa offrire, paesaggi e cultura. Il Tricolore – il bianco, rosso e verde – ha un’altra storia. Più recente, nasce il 7 gennaio del 1797 come bandiera della repubblica Cisalpina e rappresenta la nazione italiana dal giorno (“nazione” viene da “nascita”) della firma della Costituzione comune. L’Azzurro è antico, il Tricolore è molto più recente; l’Azzurro sono i mari, le vette, i cieli e la cultura d’Italia, colore della Patria e della madre lingua; il Tricolore è Nazione e Costituzione e quindi è bandiera della politica.
Negli ultimi anni questa distinzione è andata quasi scomparendo. Il Tricolore è diventato la bandiera unica a rappresentare l’italianità, malgrado, per le ragioni dette sopra e per altre che dirò qui sotto, avesse meno possibilità a imporsi rispetto a un’eventuale bandiera azzurra. Il tricolore italico è nato come copia del tricolore francese. Il verde al posto del blu, perché erano vestite di verde le guardie di Milano durante la breve repubblica Cisalpina. Simbolicamente non fu una grande ragione. Cromaticamente non fu una grande scelta. Sotto l’aspetto estetico, dobbiamo ammettere, si poteva fare meglio. Le belle bandiere sono quelle dell’Inghilterra, degli Stati Uniti, dell’Australia… della Repubblica Veneta. Sono belle anche perché sono uniche e inimitabili, mentre il nostro Tricolore non è poi così diverso dal tricolore del Messico o di quello della Bulgaria, paesi che hanno altra cultura e altri paesaggi. Guardando la nostra bandiera, infatti, non si capisce che l’Italia è la terra con la più alta concentrazione di opere d’arte del mondo; che l’Italia è il “bel paese” (Dante), il “giardino d’Europa” (Goethe); il “paradiso terrestre” (Shelley) mentre guardando la bandiera della Repubblica Veneta, s’intravede Venezia e la sua straordinaria bellezza, pari solo alla “musica” (Nietzsche). A dirla tutta, nemmeno per chi s’intende di musica, l’Inno di Mameli è un granché; nemmeno per chi s’intende di architettura, l’Altare della Patria è un monumento riuscito. Avere fatto i simboli dell’Italia nell’Ottocento con quello che aveva prodotto il Cinquecento, è riconoscersi in Hayez anziché in Michelangelo, nello sdolcinato e languido “Bacio” anziché nella rigorosa grazia della “Pietà”. Il Tricolore, insomma, non era il meglio del meglio e con l’Azzurro che gli stava addosso poteva ben essere messo da parte. Dalla fine della Seconda guerra mondiale ai primi anni ’90, per esempio, durante la cosiddetta Prima Repubblica, solo un partito politico aveva nel proprio simbolo il tricolore, l’MSI. Tutti gli altri no.
Oggi, grazie principalmente a quattro fattori, è il Tricolore la nostra bandiera, amata come devono essere tutte le bandiere che segnano un’appartenenza. Il primo fattore sono gli Alpini. Sono stati gli Alpini a dare gloria al Tricolore. Sono stati gli Alpini a insegnarci il rispetto per la nostra bandiera, ieri combattendo per la libertà e oggi ricordandoci con infinite imprese di solidarietà il senso di essere italiani. Il secondo, la piccola e media industria italiana, il famoso Made in Italy, garanzia di qualità ed efficienza e serietà. Il terzo, la moda. Con i suoi creativi e il loro innato, vorrei dire “patrio”, buon gusto, il mondo della moda è riuscito a rendere il Tricolore gradevole declinandolo in mille fogge e invenzioni, tanto che adesso sono i nostri cugini francesi a imitarci. Infine, le imprese dei nostri atleti con il Tricolore che si issa sopra tutti sui pennoni dei podi. Grazie a questi quattro fattori, oggi il Tricolore è riuscito a imporsi sull’azzurro.
Però c’è un però. Il Tricolore adesso è tutto: Patria, Madre lingua, Nazione, cultura, arte, storia, industria, made in Italy, sport e… politica. Se la politica italiana, però, continua di questo passo – cialtrona e ladra – tutto quello che gli Alpini, il made in Italy, i nostri creativi, i nostri atleti sono riusciti a fare, svanirà nel nulla. O quindi si torna a togliere il Tricolore dai simboli e dai palazzi della politica corrotta oppure noi saremo costretti a ritornare a voler essere chiamati Azzurri.
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