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Pubblicato su Sportivissomo – maggio 2008

Tra canoe del Rio delle Amazzoni e slitte siberiane, tra tegole originali dei tetti fiorentini del Cinquecento e la marca di yogurt preferito di Saul Bellow, adesso ci siamo anche noi. Sportivissimo è in Internet, l’enorme bancarella del villaggio globale di McLuhan. Digitate SPORTIVISSIMO.NET e leggeteci mentre veleggiante nei mari del sud, mentre siete a Pechino per le Olimpiadi. Ve lo indico, credetemi, come la più banale delle notizie. Che prima o poi saremmo finiti lì dentro anche noi, lo aveva capito più di 50 anni fa un uomo davvero geniale, la cui storia, credetemi, merita di essere conosciuta. Quel genio si chiamava Pierre Teilhard de Chardin ed era un gesuita che aveva capito tutto del mondo in cui stiamo vivendo. Cioè aveva capito che il mondo si sarebbe ristretto, che si sarebbe fatto piccolo piccolo, avvolto in un involucro di elettronica. Chiunque sarebbe stato non a più di sei clic di mouse da chiunque altro. Scrisse che la nostra evoluzione era entrata in una seconda e nuova fase. Dopo il tempo “dell’evoluzione biologica”, ovvero, banalizzo, del passaggio dalla scimmia all’Homo sapiens, in cui abbiamo vissuto una fase “espansiva”, nel XX secolo, per mezzo della tecnologia, siamo entrati in quella che chiamò la “convergenza compressiva”, dove tutto quello che finora era sparpagliato, le canoe del Rio delle Amazzoni e le slitte siberiane, adesso veniva unito da un “sistema nervoso per l’umanità”, una “membrana vivente”, un’unica “stupenda macchina pensante”. Internet insomma e la nostra civiltà nell’Universo Digitale. Ma quello che stupisce, è che lui diede questa folgorante ed esatta definizione già nei primi anni ’50, osservando la radio, la nascente televisione e il telefono. Era nato nel 1881, secondo di undici fratelli in una famiglia aristocratica dell’Auvergne, in Francia, con grandi proprietà terriere. Da giovane ebbe tre appassionate vocazioni: il sacerdozio, la scienza e Parigi. Scrive Wolfe: “era il classico prete mondano dietro al quale morivano le signore che tenevano salotto all’inizio del secolo: alto, bruno, bello, e per di più anche aristocratico, dotato di splendidi abiti di sartoria e di virilità da vendere”. Aveva un fisico atletico perché alternava le ore di studio e di preghiera con lunghe giornate all’aria aperta per le sue ricerche di paleontologo. Viaggiò in tutto il mondo alla ricerca di prove sull’evoluzione dell’uomo. “A 32 anni era diventato una star in Francia per essere stato l’artefice della più sensazionale scoperta archeologica di tutti i tempi, l’Uomo di Piltdown, il cosiddetto “anello mancante” dell’evoluzione da scimmia a uomo, rivenuto negli scavi vicino a Lewes, in Inghilterra, diretti da Charles Dawson. Insomma aveva fascino a palate. Quando scoppiò la prima guerra mondiale, secondo i suoi principi, rifiutò il ruolo di cappellano militare per fare il barelliere. Fu decorato al valore nelle più spaventose battaglie: Ypres, Artois, Verdun, Villers-Cotterets e la Marna. Nel frattempo scriveva la sua grande opera che la Chiesa non capì e che alla fine gli impedì di pubblicare, perché, da paleontologo, egli credeva nelle verità scientifiche della teoria evoluzionistica. La Chiesa degli anni Venti non era più la Chiesa liberale di Leone XIII, sotto il cui pontificato Pierre Teilhard de Chardin aveva preso i voti, e gli si oppose fortemente, allontanandolo dall’Europa e dalla sua amata Parigi. Così fu mandato a Pechino, ufficialmente per cercare l’altro “anello mancante” il cosiddetto Uomo di Pechino ma lì invece incontrò una donna, una scultrice americana, di nome Lucile Swan, a cui scrisse: “ricordati, tutta la dolcezza che ti nego, la nego per esserti degno”. Due anni prima di morire, fu raggiunto, dopo il divieto di pubblicazione dei suoi libri, compreso il suo capolavoro, Il fenomeno umano, da un’altra straziante umiliazione. Si scoprì che “L’uomo di Piltdown” fu una colossale beffa orchestrata da Dawson. Sconfortato e deluso si ritirò a New York, dove morì in solitudine in una camera male illuminata dell’hotel Fourteen di Manhattan. L’uomo che aveva capito tutto del XX secolo, che aveva previsto con una lucidità senza pari la presenza scontata di un giornale locale, qual è il nostro, nel mondo, è finito come è finito. Digitando www.sportivissimo.net, noi sportivi, antropologicamente diversi, mandiamogli almeno un salutino.

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