Perché le vacanze bianche sono ancora le uniche vacanze

Pubblicato su Sciare – febbraio 2008

Sono passati 100 e più anni dalla prima vacanza sulla neve, ideata da Herry Lunn, il padre di quel Arnold Lunn, a cui dobbiamo la prima discesa libera della storia, Murren, 7 gennaio 1911, e il primo slalom con rilevamento cronometrico, sempre a Murren, 21 gennaio 1922. Era l’anno 1903, quando Lunn senior portò sulle piste, anzi sulla neve di Adelboden, che non poteva ancora qualificarsi come una stazione invernale, un gruppo di sudditi di Sua Maestà. Da quasi due secoli, infatti, gli aristocratici inglesi avevano ripreso il costume dei nobili romani di praticare l’otium. Se i patrizi amavano lasciare Roma per rifugiarsi in campagna sotto una pergola e bere con gli amici buon vino Falerno, i giovani rampolli dell’aristocrazia inglese si erano inventati il Gran Tour, che consisteva nel visitare le terre della classicità, Grecia e Italia, con una spiccata predilezione per la Toscana. A Lunn senior non deve essere stato difficile mettere insieme un po’ di persone e offrir loro il piacere della vacanza nella montagna invernale. E’ passato un secolo da quella prima idea e da allora portare la gente a sciare per farla divertire, per migliorargli la tecnica, per ossigenargli i polmoni con la buona aria di montagna pare la sola ad essere ancora valida. Finito da un bel po’ il tempo dell’otium in villa dei nobili romani e quello del Gran Tour ottocentesco dei giovani rampolli dell’aristocrazia europea, adesso è in crisi la vacanza di massa estiva ideata negli anni Trenta, quanto la vacanza on the road dei mitici anni Sessanta. Crisi, magari, non ancora manifestata nei numeri, ma crisi di senso, sì. Scriveva Michael Foucault che la società si è sempre costruita degli spazi “fuori di luogo”, in cui far accadere quelle cose, scatenare quelle emozione, elaborare quei pensieri che nella vita di tutti i giorni molto difficilmente sopraggiungono. Le vacanze, nel loro senso profondo, sono questi prodigiosi e salutari “fuori luogo”. Spazi e tempi privilegiati in cui poter osservare la nostra vita di tutti i giorni da fuori. Spazi e tempi di riflessione sul nostro mondo per coglierne i limiti, le imperfezioni, le cose che non vanno. Più le nostre vacanze sono letteralmente vacanze, ovvero libere nel senso di vuote da tutto quello che prima occupava il nostro tempo, la nostra vista, la nostra mente, più il ritorno alla vita quotidiana sarà ricco d’idee e di nuova vitale energia. Purtroppo oggi i “fuori luogo” sono delle chimere. Nemmeno sul K2 nel luglio scorso si era fuori dal solito mondo. Chi continua a scegliere la vacanza in stile anni Trenta, spiaggia e balera, si trova immerso nelle stesse maleducate orde che imperversano negli uffici, nei supermercati, nelle strade di tutti i nostri giorni; mentre chi sceglie la vacanza esotica ai confini del mondo ha sempre con sé il telefonino con cui chiamare la mamma per il proustiano bacio della buona notte. Il mondo si è fatto piccolo e sempre più affollato. I modi soliti di fare vacanza sono diventati improvvisamente vecchi e irrimediabilmente inutili per quella visione esterna di sé che dava senso ai giorni di svago. Oggi si è perso il significato della parola “divertimento”, appunto “volgere altrove” i nostri pensieri, le nostre azioni, noi stessi. Sono in molti, infatti, quelli che commettono l’errore di andare in vacanza per riposarsi. Questo non è il suo fine, questo è il compito del dormire, e non c’è nulla di meglio di una buona notte di sonno sul proprio letto per vincere la stanchezza. Allora solo l’idea del vecchio Lunn mi pare ancora valida. Se nel nostro piccolo Pianeta non è più possibile un “fuori luogo”, scivolare anziché camminare è senza dubbio un buon e stimolante “fuori modo” in cui far succedere quelle cose, far scatenare quelle emozioni, metter in moto quei pensieri che nella nostra vita statica in genere non accadono.

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